La Zeppola di San Giuseppe, antichissima tradizione del Sud ufficializzata dal cuoco napoletano Cavalcanti

Non è un dolce (solo) napoletano. Però ha molto di napoletano il legame con la Festa del Papà, il 19 marzo. La Zeppola di San Giuseppe, nelle sue due versioni (ma anche qui bisogna stare attenti), è il prodotto di una antichissima tradizione meridionale che parte ai tempi della Repubblica Romana, ovvero quel periodo storico che poi darà vita all’Impero Romano.

Le prime tracce di una ricetta vera e propria della Zeppola si ritrovano in un libro del cuoco napoletano Ippolito Cavalcanti, pubblicato nel 1837. La tradizione contempla solo la zeppola fritta, mentre quella al forno sarebbe una variante più leggera introdotta successivamente.
Secondo una corrente di pensiero, il legame con Giuseppe sarebbe determinato dal fatto che il secondo mestiere del padre di Gesù – il primo era notoriamente quello del falegname – fosse di friggitore. Tale ipotesi è confermata da una poesia di Checco Durante del 1953; in quei testi San Giuseppe viene affettuosamente chiamato “Er frittellaro”, in tipico dialetto romanesco.
Ma la tradizione è stata portata avanti soprattutto a Napoli fino alla fine degli anni ’50 quando le zeppole venivano preparate in strada per i passanti. Oggi a Milano si chiamerebbe “Street Food”. E a Milano, come altrove, molte pasticcerie prevalentemente napoletane si cimentano in varianti gustose e in alcuni casi un po’ azzardate.
Lo scorso anno uno dei grandi protagonisti fu Ciccio Pizza che si guadagnò il soprannome di CiccioZeppola grazie alla sua gigantesca “figliata”.