“Il Pescatore e lo Chef”: il top della cucina di mare “in the middle of nowhere”

Festeggiano a luglio i 10 anni di attività, nonostante quasi due anni di chiusura tra Covid e lavori. Festeggiano perché sono più di uno, sono “Il Pescatore e lo Chef“, un binomio indissolubile che fa di questo ristorante un punto di ritrovo per gli amanti della buona cucina a base di pesce. Lo chef è Giovanni Gallo, il pescatore è suo zio.
Sono casoriani doc ed è qui a Casoria, a due passi dalla Circonvallazione Esterna, dall’Ikea e dall’aeroporto di Capodichino che dieci anni fa hanno aperto il locale. Non si offenda nessuno se viene considerato “in the middle of nowhere”, ma è questo punto che dà più valore all’impresa e ai sacrifici di chi lo porta avanti.

Quando si dice “conduzione familiare”: la vostra è addirittura nel nome visto che tu sei lo chef e tuo zio il pescatore
“Il ristorante è nato da un regalo di mia nonna Angela verso la famiglia e i suoi cari nipoti nell’intenzione di regalarci un futuro. Siamo passati così dalla pescheria di famiglia al ristorante grazie al fatto che io ero un cuoco; abbiamo fatto tanti sacrifici”.

Sei uno chef della nuova generazione: come riesci a far coincidere la tradizione con la necessità sempre crescente di innovare?
“Io penso che non ci sia innovazione senza tradizione. Io sono sempre alla ricerca di materie prime, tecnologia, corsi di aggiornamento, studio, ma poi ecco la mia cucina di tecnica ma principalmente rispecchia me perché è semplice genuina e piena di sapore”.

Quale delle tue innovazioni in cucina ha avuto più successo tra i clienti?
“Io sono molto legato ai miei piatti ma due in particolare sono legatissimo. All’oro di Napoli: mozzarella ripiena con tartare di tonno ed espresso al limone; per me è stato il primo passaggio ad un piatto semplice ma complesso nella tecnica. Mentre il secondo è nato durante il Covid dove non mi sono demolito e il mio tempo lo passavo tra mia figlia Beatrice, libri e prove. E qui chiedendo aiuto a mia nonna che ora non c’è più in senso metaforico è nato il piatto dedicato a mia nonna: uno spaghetto agli,o olio di gamberi con pane saltato in padella. Che mi ricorda i miei lunedì a casa di mia nonna dove oggi io abito”.

Il locale si trova in una zona di passaggio tra le aree commerciali e l’aeroporto: chi sono i vostri clienti?

“Abbiamo una clientela mista. Persone che provengono da Capodichino perché il ristorante è molto vicino. Sono rappresentanti, agenti di commercio e clientela locale provinciale ma per quanto riguarda flussi turistici vediamo ancora molto poco”.

Come può fare l’hinterland Nord di Napoli ad intercettare meglio i grandi flussi turistici dell’ultimo decennio?

“Bisogna valorizzare ancora di più le nostre piccole realtà provinciali con musei mostre storia perché ne abbiamo tanta. Ma bisogna migliorare anche i collegamenti pubblici tra Napoli e comuni limitrofi”.

Non posso non chiederti: quanto sono stati difficili gli anni del Covid per i ristoratori così bersagliati dai provvedimenti del Governo?
“Il Covid ci ha segnato tutti e per le nostre realtà è stato davvero un brutto colpo perché avevamo perso tutto il senso di libertà. L’appartenenza, le cose belle della vita, la tavola e il buon cibo. È stata dura ma ne stiamo uscendo fuori”.

Lo chiediamo a tutti i nostri compaesani: la pizza preferita da Giovanni?

“La margherita semplice buona e calorosa”.

Dario De Simone