“Pedalare e raccontare sempre la verità”, la ricetta di Silver Mele, giornalista (e) sportivo con la passione per la Diavola

E’ un volto noto della tv locale e pure dei social grazie a quelle dirette via Facebook dalla sua bici da corsa mentre macina chilometri sulle strade della provincia di Caserta. La sua pagina Facebook è seguita da quasi 15.000 utenti, frutto della popolarità acquisita nel tempo nel mondo dell’etere campano. Silver Mele ne ha viste tante in questi 20 anni di carriera. Legata all’inizio alle frequenze di Telecaprisport. Celebri le sue dirette dagli stadi della serie C agli albori del Napoli di De Laurentiis e nell’ultima fase del boom dell’etere locale; qualcuno ricorda anche la cronaca in tempo reale degli scontri post partita di Manfredonia che sembrano ora un lontano ricordo.
Sportivo nell’anima anche grazie a papà Gigi che fu ciclista professionista negli anni ’60, alterna il lavoro da giornalista e conduttore su Canale 8 a partite di tennis e sgambate in sella che prescindono dalle condizioni meteo. Senza disdegnare la passione per la storia che l’ha visto autore di un libro sull’antica Cales con prefazione di lusso di Maurizio De Giovanni. Sarà importante perché tra le sue “prodezze” ci sono anche gli scontri con i tifosi juventini sul ristabilimento delle verità storiche.

Sei un volto noto della tv: ne hai cambiate tantissime in questi 20 anni ma da tanti ormai sei legato a Canale8. Perché questa scelta?
“Sono partito quasi per caso, per quanto la vocazione la avessi casa, nel 2000. Tele Alternativa Caserta fu la prima avventura. Poi nell’ordine: Telecapri, Italiamia, Canale 34, Tele A, La7sport, TV Luna, i dieci anni di Sportitalia (attraverso diverse gestioni e un fallimento dolorosissimo), 7 Gold, Dazn, Ottochannel e Canale 8. Passando anche da Radio CRC e soprattutto da Radio Marte. Sì, Canale 8 è il mio presente ormai da quasi un decennio. Perché? Ti confesso che mi ero riproposto di evitare categoricamente contatti con l’editoria campana dopo una serie di profonde delusioni. Collaboravo con Sportitalia quando fui contattato da Riccardo Romano, editore di Canale 8. Lo incontrai e immediatamente presi atto di una realtà profondamente diversa dalle altre del nostro territorio. Perché, e nessuno abbia ad offendersi, fatta di correttezza, rispetto e grande professionalità. Qui a Canale 8 la parola ha ancora un senso e per quelli come me che della parola e dei valori ne hanno fatto un mantra, a scapito anche delle copertine e dei titoli di facciata che procacciano soldini comodi, non v’è cosa migliore. E’ divenuta la mia famiglia ed è un piacere immenso programmare insieme nuovi passi che possano contribuire a far crescere l’emittente, nel rapporto rigoroso di stima e rispetto con la gente che ci segue”.

Siete rimasti tra i pochi a mantenere un filo diretto con i tifosi in una tv sempre più autoreferenziale. E’ una scelta che sta pagando?
“Il filo diretto è prerogativa di Canale 8. Ho ereditato il ruolo da Paolo Del Genio che per anni a Canale 8 aveva mantenuto vivissima l’interazione con gli sportivi. E’ una scelta che paga. Non c’è momento durante Linea Calcio che il telefono non squilli. Per scelta abbiamo aperta una sola linea ma ho la sensazione che, ce ne fossero altre a disposizione anche quelle verrebbero rapidamente occupate. Raccontiamo il calcio senza censure, con totale libertà giornalistica concessaci dagli editori. E penso che questo la gente lo percepisca”.

E tra i tanti tifosi del Napoli ogni tanto spunta qualche juventino furioso: come si gestiscono queste telefonate?
“Ah, ti confesso che io mi diverto tantissimo. Il tifoso juventino delle nostre parti si sente circondato. Non ha solitamente un interlocutore tra i media ma vorrebbe esprimere le sue ragioni. Lo fa spesso sbraitando, perdendo il controllo. E in quel modo si espone all’arguta ironia del conduttore”.

Sono celebri le tue schermaglie social con supporters bianconeri che contestano la diffusione di certe verità: ti infastidiscono o ti fanno sorridere?
“La verità. Tutto gira attorno alla verità. Che nel racconto calcistico italico è ormai da decenni fortemente a rischio. Molte carriere giornalistiche si costruiscono proprio così, sfiorando soltanto la verità per poi fuggire altrove. O almeno dove non si genera dispiacere tra lettori e uditori dei bacini d’utenza più corposi nel mondo del tifo. Lo juventino oggi detesta l’accostamento della propria squadra alle vicende processuali che vedono quasi stabilmente il club protagonista. Così se la prendono con quei giornalisti che liberi da vincoli editoriali danno semplicemente voce ai fatti. E molti di loro divengono volgari, aggressivi, finanche cattivi nelle esternazioni che andrebbero evitate. Specie nell’infestato mondo social. Domina quasi ovunque il negazionismo delle sentenze del 2006: calciopoli è per loro farsopoli, i fatti di oggi perfino fake news ordite per danneggiare o colpire la Juventus, vera vittima del sistema. Si delinea così un mondo parallelo che è fantasioso e antitetico a quello reale. E in tutto ciò ci vedo una grossa responsabilità della nostra categoria che ha in molti casi perfino avallato la diffusione di logiche simili, in nome delle vendite del prodotto e naturalmente dei singoli interessi da prebenda”.

Pochi giorni e tornerà il campionato di calcio: questo Scudetto il Napoli può solo perderlo?
“Ora o mai più. Gennaio sarà determinante per le ambizioni scudetto del Napoli. Che si è dimostrata la squadra più forte nella prima parte di stagione, frutto di scelte societarie intelligenti, virtuose e di fatto esemplari per il resto del calcio italiano votato invece al collasso”.

La tua vera passione, ereditata da papà, è il ciclismo: perché questo sport è così coinvolgente?
“In realtà il mio sport è stato il tennis. Sono stato un discreto seconda categoria come tanti altri e alla bicicletta sono arrivato tardi, solo dopo un intervento di ricostruzione di un ginocchio. Papà è stato un grande corridore, professionista quando il ciclismo era epico e il primo campano (per quanto emigrato a Torino) a vincere una tappa in un grande giro (Tour de Suisse 1962). Amo la bicicletta perché amo la fatica. Che quando diviene sofferenza nello sport è per me piacere. Pertanto simbiosi perfetta con le lunghe pedalate anche in apnea. Non c’è altra più calzante metafora della vita perché se smetti di pedalare sei fregato…”

Parliamo di cibo: cosa deve mangiare e cosa non deve mangiare un ciclista?
“Eh, dipende dalle ambizioni. Il ciclista agonista deve curarsi e tanto, limitando il tempo da dedicare alla tavola. Il peso è fondamentale se si vuol provare ad andar forte in salita. E’ uno sport il ciclismo che diviene perfino maniacale. Ho visto negli anni cose incredibili e ragazzi che trascorrono in sella dalle 5 alle 8 ore al giorno per il sogno di mettere la propria ruota davanti a quella degli altri. Il dramma è che alla fine a vincere è uno solo”.

Lo chiediamo a tutti: la pizza preferita da Silver?
“Senza alcun dubbio la Diavola!”

Dario De Simone