“I Savoia nobili montanari hanno rubato al ricco Regno di Napoli per risanare le loro misere casse”, parole dello scrittore lombardo

I Savoia erano una stirpe di nobilotti montanari di tanto vecchia data quando di scarso blasone, ma che ebbero la ventura di stare nel posto giusto al momento giusto senza loro colpa né merito“. Non lo ha detto un neoborbonico del Terzo millennio, né un seguace di Giustino Fortunato. Le pesanti accuse alla famiglia che ha guidato il Regno dopo l’Unificazione del 1861 arrivano da un lombardo doc, lo scrittore Angelo Gavezzotti che ha messo tutto nero su bianco nel libro “La Laura e il Carlo”, una storia milanese, edito da Meravigli.Originario del Varesotto ma milanese d’adozione, Gavezzotti (nella foto) è stato a lungo professore di Chimica Fisica presso l’Università di Milano ed è andato in pensione nel 2010 ed ha scritto vari libri anche sulla riscoperta del dialetto milanese. Nel libro c’è più di un passaggio molto duro sull’unificazione; viene scritto anche che in fondo Milano dalla dominazione austriaca ha più ricevuto che dato. E ci sono pesanti strali contro i Savoia. “Raccolsero i soldi del ricco Regno di Napoli con i quali rimpinguare le smunte casse piemontesi – scrive l’autore – nutrite solo di misere tasse pagate da miseri paesani; un Regno d’Italia che ha finito per incorporare l’efficienza napoletana e la creatività piemontese, invece del più opportuno viceversa, con gli effetti che ancora oggi sono sotto gli occhi di tutti“.

Colpisce che una tale ridicolizzazione dei Savoia provenga da un autore cresciuto in territorio leghista e appassionato di fatti milanesi. Al Sud sono in tanti a chiedere da decenni di riscrivere la storia proprio partendo dai presupposti citati da Gavezzotti, ovvero quello del furto di denaro e dell’annessione del territorio del Regno guidato dai Borbone ad opera dei “piemontesi”.