Francesco Musto: “Orgoglioso che il docufilm sul ruolo del caregiver arrivi dalla nostra Irpinia”

Un docufilm che ufficialmente vuole essere un appello alle Istituzioni, una denuncia, un grido nel silenzio. Ma che in realtà – anche se il diretto interessato non lo dice espressamente – è anche la celebrazione della sua grande famiglia, in termini numerici ma anche di sostanza.
Si chiama proprio “The Big Family” il documentario che il giovane regista irpino Francesco Musto sta realizzando con Kassim Yassin Saleh. La big family è composta da papà Armando, mamma Rita, il fratello maggiore Nicola, la sorella Vincenzina e lui, Francesco, che si definisce “il piccolo e più viziato”; forse e soprattutto dalla nonna Vincenzina che compone il sestetto. Francesco è affetto dalla nascita da una rarissima forma di distrofia che lo costringe in carrozzina da sempre, ma che non ha fermato la sua voglia di essere protagonista.
Per realizzare il documentario è stata aperta una operazioni di crowdfunding attraverso la piattaforma Ulule .

Cosa ti ha spinto a voler realizzare “The Big Family” e cosa significa questo titolo?

“Principalmente mi è venuta immedesimandomi in altri ragazzi che vivono la mia stessa situazione. Mi dicono che faccio tante cose e che mi diverto. La verità è che faccio tante cose solo grazie al supporto della mia famiglia che non mi ha mai fatto sentire diverso dagli altri. Non tutti sono stati fortunati come me, perché magari i familiari li hanno abbandonati oppure sono finiti in uno stato di povertà dovuta al fatto che uno dei genitori ha dovuto dedicarsi integralmente a fornire assistenza. E allora ho deciso di mettermi a nudo, di raccontare quanto lavoro ci sia nell’assistere una persona che non può fare praticamente nulla, neanche compiere i gesti più banali per chiunque altro. Il titolo nasce da questo: la mia famiglia è composta da sei persone e tutte si mettono a disposizione per qualcosa. L’ho deciso insieme a Kassim, mio collega del Gibuti che vive a Roma da circa 20 anni”.

Il crowdfunding online è secondo te un mezzo ancora poco conosciuto dalla massa?
“Assolutamente. Andrebbe sdoganato come succede in tanti altri Paesi, su tutti gli Stati Uniti d’America. Stanno iniziando anche le grandi aziende qui in Italia, ma i cosiddetti pesci piccoli come me vengono ancora visti in modo strano, quasi chiedessimo l’elemosina. In realtà non ci sono scopi personali”.

Nel merito, cosa è accaduto negli ultimi anni sia sul fronte dell’assistenza a chi soffre della tua patologia, sia sul fronte della ricerca su tali patologie?
“A livello della ricerca si è mosso qualcosa, ma nulla di concreto e decisivo. Sul fronte dell’assistenza, invece, lo Stato resta assente per quanto riguarda le persone che davvero hanno bisogno di assistere per 24 ore al giorno. Mettono a disposizione un infermiere per un tot di ore in maniera gratuita, ma non può colmare l’esigenza di una persona non autosufficiente. Da qui nasce la mia battaglia per mettere in risalto la figura del caregiver familiare che dovrebbe essere tutelata e riconosciuta dallo Stato”.

Ad Ariano Irpino in occasione del Festival internazionale del cinema ti hanno definito la star del red carpet. Che emozione è stata?
“Ariano è la mia casa ormai, fa parte di me. La mia prima partecipazione fu nel 2019 e scattò il classico colpo di fulmine con il festival e con gli organizzatori. Sono entrati nella mia Big Family anche loro. Essere direttore artistico di una sezione è un onore e un piacere. Il red carpet fa piacere, non si può negare”.

Parliamo di cibo. Quanto ti inorgoglisce provenire da una terra riconosciuta come patria del buon cibo e del vino di qualità?
“Non sembra, ma sono un mangione. Ho una grande passione per la cucina e provengo da una famiglia di ristoratori. Sono orgogliosissimo delle nostre radici: coltiviamo prodotti che ci invidiano in tutto il mondo e abbiamo ottime ricette e ottimi vini. L’Irpinia è qualcosa di cui andare orgogliosi anche per questo. E io sono orgogliosissimo di essere  sammichelese, essendo di San Michele, una delle frazioni di Pratola Serra”.

Non posso non chiederti dell’Avellino: il campionato non inizio sotto i migliori auspici…

“Un tasto dolente. Siamo partiti con una sconfitta, sebbene di misura, dopo una prestazione non bella. Non voglio essere negativo e vorrei dare fiducia a questa squadra che sta affrontando un ciclo nuovo con un gruppo nuovo. Speriamo di invertire la rotta tutti insieme, ma ci vuole più entusiasmo da parte di un popolo intero. Vedo un ambiente spaccato, critiche alla società e ai calciatori. Mi chiedo quale interesse avrebbero società e giocatori a fare le brutte figure. Poi le critiche sul piano personale sono intollerabili”.

Dario De Simone