Vincenzo, il giornalista napoletano che rimpiange il cartaceo e ama la cucina irpina: “Luogo di ricarica spirituale”

Un vomerese con la passione del calcio, della cucina e del giornalismo. Vincenzo Letizia è un nome tra i più noti per chi ha seguito l’informazione sportiva online in Campania. E’ infatti annoverabile tra i pionieri del calcio su internet.

Gli anni sono passati. Era l’inizio del nuovo millennio quando prendeva forma “Pianetazzurro.it“, sito che raccontava soprattutto le vicende, allora non proprio felicissime, del Napoli di Ferlaino e Corbelli. Letizia era una delle voci più autorevoli in un panorama digitale ancora povero di scelta, ma certamente di maggiore qualità.

Sei stato tra i pionieri del calcio online con un sito, PianetAzzurro, ancora attivissimo e con una storia ultraventennale. Che tempi erano?
“PianetAzzurro nasce nell’estate del 2001 quando ancora la rete non era così fruibile come oggi. Erano i tempi in cui se parlavi di sito internet ti guardavano come se stessi comunicando in lingua sumera; la connessione ad internet era non solo lenta, ma un privilegio di pochi. Ho avuto la fortuna di essere amico di un abile programmatore come Raimondo E. Casaceli che mi diede la possibilità di mettere in pratica quelle che erano le mie idee e competenze in tema di informazione sportiva, vista l’esperienza che nel frattempo avevo maturato come giornalista in varie redazioni. E devo dire che dopo 21 anni, PianetAzzurro, allora punto di riferimento per i tifosi azzurri, ancora oggi resiste grazie alla credibilità che si è meritato sul campo e grazie anche a una serie di collaboratori sempre sul pezzo che contribuiscono a incuriosire i lettori”.

Pianetazzurro per anni è uscito anche in versione cartacea: come sono cambiati i tempi ?
“L’esperienza con il settimanale cartaceo omonimo che veniva distribuito in vari punti della nostra regione il giovedì è stata una cosa di cui vado fiero che mi ha dato molte soddisfazioni e riconoscimenti, al di là dell’immane lavoro che gli ho dedicato. Da qualche anno ho deciso di interrompere le pubblicazioni del cartaceo che usciva dal 2003, un po’ per le conseguenze nefaste che ha procurato la pandemia e soprattutto perché ormai la gente non legge più i giornali, le notizie o gli approfondimenti le acquisiamo tutti direttamente online, in tempo reale. Stiamo assistendo in pratica al tramonto dei giornali cartacei”.

Ti aspettavi di più dal Napoli di Spalletti o tornare in Champions League è già un traguardo importante?
“In un campionato “normale” la qualificazione per la prossima Champions sarebbe stato un ottimo risultato. Ma visto l’andamento di questo torneo dove più o meno tutte le grandi squadre hanno fatto a gara a chi inciampava di più, la sensazione è che il Napoli, che ha una rosa tutto sommato competitiva, abbia sprecato un’occasione irripetibile per regalarsi e regalare ai propri tifosi un qualcosa di straordinario. Ad un certo punto della stagione ci ho creduto e la delusione di aver visto il Napoli sbracare sul più bello devo dire che è stata piuttosto cocente. Di chi sia la colpa di questo improvviso smarrimento è difficile dirlo. Certamente, la sensazione è che la proprietà faccia molto poco per provare a vincere e che Spalletti da dicembre in poi abbia un po’ perso la bussola e collezionato tutta una serie di errori piuttosto evidenti, soprattutto nella lettura e nella gestione di certi match casalinghi. Un vero peccato non aver approfittato della mediocrità generale del nostro calcio”.

Come hai vissuto personalmente questi due anni così difficili per l’emergenza sanitaria?
“Sono stati anni di angoscia e speriamo sia finita qui. Inizialmente, l’angoscia di contagiarsi e contagiare i propri cari. Da una routine fatta di famiglia, lavoro e progetti personali, mi sono ritrovato come molti a dover fare i conti con un profondo senso di smarrimento e incertezza per il futuro. La paura del contagio ci ha portato a ridurre drasticamente i rapporti sociali. Il senso di isolamento creato dagli sconsiderati lockdown ha poi fatto il resto, creando situazioni estremamente difficili da gestire, metabolizzare ed accettare. Diciamo che abbiamo capito quanto è preziosa la libertà e quanto sono incapaci i politici che ci amministrano”.

Hai vissuto per molti anni in Irpinia: cosa porti con te di quella esperienza?
“Vivere in Irpinia è stato meraviglioso, amo quella terra in maniera viscerale per i luoghi ameni, i paesaggi suggestivi, per gli odori e i le atmosfere che sa infondere a chi ha la sensibilità di percepirne la vera essenza. Ho apprezzato la zona che va da Mercogliano e arriva fino a oltre Pietrastornina. Amo Laceno che è il mio luogo di “ricarica spirituale”, sono affascinato dall’Alta Irpinia che ho più volte visitato, vivisezionato e apprezzato. L’intento è quello di ritornare un giorno a vivere in quei luoghi che ho ormai tatuati nell’anima”.

Cosa pensi della cucina irpina di cui tanto si parla?
“Ne penso tutto il bene possibile essendo io in prima persona un cliente assolutamente entusiasta e costante frequentatore di tanti ristoranti di quelle incantevoli zona. La cucina Irpina l’accosterei a quella toscana, in particolare della zona del Lucchese o del Senese. Un vero spettacolo di prelibatezze. A chi non lo ha ancora fatto suggerirei di recarsi in un ristorante irpino e assaporare le carni alla brace su pietra lavica, il baccalà alla pertecaregna, il mugliatiello ‘mbuttunato, il soffritto irpino, la maccaronata, lagane e ceci, la zuppa di cicerchie o i tipici fusilli in tegame”.

Lo chiediamo a tutti i nostri conterranei: la pizza preferita da Vincenzo?
“Se intendi come pizzerie, a Napoli voto per la Pizza di Di Matteo. Ad Avellino andavo spesso al Casale a Pietrastornina. Se intendi quale pizza, intesa come gusto, direi sicuramente quella bianca con provola, salame piccante, prosciutto cotto e crocchè spezzettati sopra”.
Dario De Simone