Il comico Costanza: “Napoli e la Campania teatri a cielo aperto, ma per lavorare bisogna spesso emigrare”

Nella vita e nel lavoro ci vuole costanza. Questo è certo. Ma ci vuole Costanza anche per segnalare ciò che non va, all’insegna di una tv di denuncia iniziata con Antonio Ricci e proseguita poi per vari rami.Ha scherzato sul suo cognome il comico (ma anche attore, presentatore, imitatore, giornalista) Enzo Costanza. Irpino di nascita, televisivo per vocazione, napoletano per studi fuori sede, è molto noto negli ambienti delle serate all’insegna della spensieratezza ed è noto al grande pubblico per alcuni servizi di Striscia la Notizia.
Negli ultimi anni si è brillantemente adeguato alla rivoluzione social: le sue imitazioni di personaggi famosi della tv, della politica e della rete fanno ridere grandi e piccini. Un aiuto fortuito è arrivato nel 2018 grazie alla salita a Palazzo Chigi di Giuseppe Conte, al quale è legato non solo da una somiglianza spiccata ma anche da una sufficiente vicinanza geografica e linguistica che ne facilita un’imitazione quasi perfetta.

Comico, presentatore, imitatore: in quale ruolo ti riconosci di più ora che l’esperienza è ultraventennale?

“Non so dirlo perché io unisco queste cose. Nella parola comico mi ritrovo un po’ di più. Scherzare e ironizzare sulla realtà è la chiave del nostro lavoro, delle mie serate. Bisogna rendere più simpatico ciò che di brutto accade”.

Crescere in Campania è più una risorsa in questo campo, visto le nostre doti innate, oppure un limite visto il romacentrismo e milanocentrismo?

“E’ una risorsa. Per me stare 5 anni nel centro storico di Napoli per studiare Architettura è stato vivere in un teatro a cielo aperto. Napoli è una città che fornisce spunti continui; è stata una fortuna. E in Irpinia accade lo stesso, basta stare in strada per trovare spunti. Ma è anche un limite: se si escludono pochi episodi isolati, ci sono poche opportunità e bisogna spostarsi nelle grandi città”.

Ma c’è un clima di crisi profonda nell’editoria locale?

“Sì, dai problemi di pagamenti ad altre cose. Sono le altre cose che mi danno fastidio. C’è poca coesione e poca solidarietà tra colleghi. Non ci si difende reciprocamente, ma si coltivano piccoli orticelli senza andare da nessuna parte. Ci sono giornalisti e personaggi televisivi che fanno un ottimo lavoro, altri no; altri potrebbero e dovrebbero fare meglio sul piano comportamentale”

C’erano aspettative diverse in Campania quando hai iniziato ?

“Io mi sposto a Roma o a Milano per fare produzioni televisive. Quando ho iniziato speravo davvero che in Campania ci fosse qualche possibilità in più. Purtroppo si sono fermate pure le produzioni in Rai a Napoli. Sul piano artistico siamo in un territorio molto difficile; nella mia Irpinia lo scenario è simile: le tv private sono in crisi perché una o due dovevano unirsi e rafforzarsi, invece ci si coltiva il proprio orticello”.

Come sono stati quei 18 mesi nei quali praticamente tutto il mondo dell’intrattenimento è stato fermo per colpa di provvedimenti che forse erano anche esagerati?

“Artisti, lavoratori dello spettacolo, tecnici e quelli che intorno a questo mondo ruotano hanno dovuto affrontare una crisi senza precedenti. I provvedimenti sono stati esagerati e ancora oggi ad inizio aprile ci sono regole esagerate. Secondo me si poteva tenere aperti i teatri come hanno fatto altri Paesi. Hanno chiuso compagnie teatrali, un comparto completamente dimenticato dal Governo. Hanno fatto orecchie da mercante nonostante in tanti abbiano fatto notare quanto accadeva. A me è andata bene perché giornalisticamente nella zona di Grottaminarda e Ariano c’era molto da raccontare durante la pandemia. Esperienza rischiosa ma bellissima”.

Ti sei trasformato anche in autore di denunce a mezzo social: secondo te è un fallimento del giornalismo il fatto che a fare informazione sul campo spesso siano Le Iene, Striscia o persone come te?

“Raccontare la realtà, le storie belle e brutte dovrebbe essere la prassi. E invece sono pochi quelli che lo fanno. Però accade spesso che i giornalisti non facciano il proprio dovere. Un ragazzo autistico andò a protestare all’Asl di Avellino per denunciare lo stato di abbandono nel quale vengono lasciate le famiglie quando i ragazzi crescono; nessuno è sceso a parlare con lui. E nessun giornalista – ed erano tanti i presenti – tra quelli che stavano seguendo l’inaugurazione ha dato spazio a questa cosa. Si sono limitati a raccontare la cosa istituzionale. Mi chiedo che paura abbiano: di prendere una cazziata? Fa parte del mestiere, anzi è bene che gli amministratori pubblici si arrabbino perché dimostra che hai sollevato una questione”.

Parliamo di cibo: cosa ti piace della cucina irpina?

“Tantissime cose. Sono cresciuto con tutte queste specialità. I moiatielli: una specialità con le interiora e con il sugo. Poi siamo a Pasqua e in periodo di pizza chiena…”

Ma come te la cavi ai fornelli?

“Non sono bravissimo. Ho imparato a cucinare a Napoli quando vivevo da solo e studiavo. Un piatto di pasta o di spaghetti lo so fare. Mi mancano competenze e soprattutto pazienza. Diciamo che sopravvivo. Forse dovrei fare un corso”.

Lo chiediamo a tutti: la pizza preferita da Enzo?

“Tante, ma la mia preferita è la Margherita con la mozzarella di bufala. Io sono per il classico, non mi attirano quelle con ananas o altro. Sulla pizza ci deve stare la mozzarella”.

Dario De Simone