Tommy Mandato, un centravanti in giacca e cravatta tra i ricordi del Pallone di Maradona e Sibilia

E’ la storia di un ragazzo che sognava di diventare un calciatore famoso come lo sarebbe stato Maradona e che, per puro caso, si trovò su un fangoso campetto di periferia a giocare contro lo stesso Maradona. E’ uno degli aneddoti più divertenti e suggestivi de “Il centravanti in giacca e cravatta” in cui Tommaso Mandato si racconta attraverso episodi, curiosità e lati positivi e negativi del mondo del Pallone. Pallone e non Calcio.Il libro, edito da Homo Scrivens, può vantare prefazione e postfazione di lusso grazie alla partecipazione di Maurizio De Giovanni ed Enzo De Caro. Mandato, 60 anni, ha militato in diverse squadre della Campania prima di intraprendere la carriera di avvocato e procuratore sportivo; in molti lo ricordano per aver assistito Erminio Rullo nella fase di passaggio al Napoli di Pierpaolo Marino.
Dietro la giacca e cravatta, indossata con stile anche grazie ad una forma fisica invidiabile, si nasconde ancora quel Tommy che in tanti consideravano troppo magro per fare il centravanti. Era un altro calcio, anzi era un altro Pallone.

Con Sandro Mazzola

C’è una cosa che colpisce e che probabilmente viene ben riassunta da Maurizio De Giovanni nella prefazione: Pallone più che calcio. Così si può spiegare un gol non visto ma “vissuto” da tuo padre sugli spalti?
“In questo testo prevale la passione innata per il Pallone piuttosto che l’interesse per il Calcio, mondo nel quale ho vissuto, partecipato, lavorato da sempre ma che con l’andar degli anni è diventato sempre più diverso da quello immaginato.
Il Pallone invece mi ha restituito un’infinità di emozioni indelebili di ogni genere, come ad esempio quella di ritrovarmi mio padre (completamente ignaro di calcio ed affetto da una cecità assoluta) un giorno su un campo per ‘vivere’ un Derby del campionato Primavera tra il Napoli e l’Avellino in cui militavo. Ed il destino volle che segnai il goal del pareggio con una gioia indescrivibile per aver trasmesso un’emozione fortissima ed assolutamente nuova al mio papà”.

Il Pallone è trasversale: ognuno di noi ha un parente che appare serio, tranquillo, austero. Poi davanti ad una partita cambia radicalmente. Per te è stato il professore Giannetti ad Avellino.
“Quella del citato prof Giannetti è una ‘sorpresa/scoperta’ che mi è capitata tante volte perché il Calcio, o meglio il Pallone, davvero trasforma le Persone, entra dentro, e molto spesso ti fa ritornare fanciullo con l’effetto, spesso di annullare qualsiasi freno inibitorio
La speranza è quella di ritrovare sempre e spesso tanti Prof. Giannetti ancora”.

Della parentesi avellinese hai ricordato gioie e dolori: quanto mancano al calcio di oggi personaggi come il Commendatore Sibilia?
“Sono personaggi che hanno fatto la storia del calcio: i vari Sibilia, Rozzi, Anconetani sono stati dei Presidenti che hanno realizzato dei veri e propri miracoli. Il ‘Commendatore’ Sibilia oltre ad essere un Presidente/imprenditore era anche un gran competente e gli piaceva moltissimo scegliere i propri calciatori con modalità brusche ed apparentemente quasi rozze, ma con un Cuore grande così. Figure oggi completamente sconosciute e purtroppo anacronistiche”.

C’è una domanda che non posso non farti: perché quel giovane così promettente, sebbene troppo magro, non ha sfondato?
“Nel calcio come nella vita ci sono molte concause che determinano un risultato: io credo che la mia principale lacuna sia stata quella di non essere pronto e maturo nel momento delle scelte decisive e questa consapevolezza l’acquisisci poi nel tempo. Ma non ho rimpianti, anzi sono molto grato al Pallone perché mi ha dato la possibilità di realizzarmi in altri settori e con ruoli diversi afferenti sempre lo Sport”.

Il 2020 è stato un anno di grande dolore per tutti. Ma per i napoletani si è aggiunto un motivo ulteriore: la scomparsa di Diego. Hai descritto nel primo capitolo quel famoso tunnel di Acerra…
“Un anno nero, nerissimo per il nefasto fenomeno pandemico a cui si è aggiunta la scomparsa ‘fisica’ di Diego Armando Maradona. Nel mio libro non potevo non iniziare che dal mio incontro con Lui, grazie al quale si realizza il sogno di qualsiasi ragazzino, quello di poter giocare insieme a Lui anche se in un campetto di periferia in un lunedì di un marzo freddissimo. Di Maradona calciatore si sa e si è detto di tutto, ma il Diego Uomo merita di essere celebrato molto di più di quello che è stato fatto, perché dotato di una sensibilità ed umanità enorme offuscata ed ostacolata spesso dal suo stesso ruolo del più grande calciatore mai esistito”.

Si dice di te: ex calciatore, avvocato e procuratore sportivo, ma nonostante ciò è una persona perbene. Ti inorgoglisce o forse ti lascia amarezza perché il mondo del calcio è nel pieno di una degenerazione?
“Come dicevamo prima, il mondo del calcio negli anni si è trasformato, diventando un business enorme con la conseguenza di essere considerato un’oasi felice, un mondo a parte. E tale considerazione è stata talmente assorbita dagli appartenenti al mondo calcistico che è diventato quasi tutto lecito a discapito spesso delle norme e regole comuni. È un mondo che inevitabilmente si è inquinato sotto diversi aspetti, ma che non rinnego assolutamente perché la passione per lo Sport, sebbene in maniera diversa, continua anche oggi ad essere una delle priorità della mia vita”.

Nel tuo libro fai riferimento a nomi che hanno fatto la storia del calcio campano minore. Che momento è per il movimento al di là degli exploit di Benevento e Salernitana?
“La trasformazione del fenomeno calcistico ha avuto ripercussioni anche nel cd calcio minore ed in particolare in quello del meridione dove alle note carenze economiche si è aggiunta anche una crescente disaffezione da parte dei sostenitori locali che una volta erano il vero ‘motore’ dei sodalizi cittadini. Necessita attuare una riforma dei campionati di serie B e soprattutto di serie C reintroducendo semmai la figura del calciatore semiprofessionista che garantirebbe un notevole abbassamento dei costi e possibilità di lavoro per tanti giovani atleti”.

Cosa pensi del Napoli di Spalletti?
“Credo che sia partito con il piede giusto, ed anche se è molto presto per avventurarsi in pronostici avventati, l’organico a disposizione di Spalletti può consentirmi di dire che ci siano i presupposti per lottare fino in fondo al fine di raggiungere gli obiettivi europei prefissati. Tutto dipenderà come al solito dagli equilibri interni, avendo una struttura societaria croce e delizia di questa era De Laurentiis”.

Con Annamaria Colao

Uno dei progetti ai quali sei più legato ormai da anni è la prevenzione. Quanto devi ad Annamaria Colao?
“Il rapporto con Annamaria Colao, donna eccezionale ed una delle prime scienziate al mondo nell’ambito dell’endocrinologia, è splendido ed è per me un vero e proprio motivo di orgoglio. Sono dodici anni che portiamo avanti con grande successo, il nostro Progetto (il Campus3S: Salute Sport Solidarietà) che ha come obiettivo primario la Prevenzione coniugando il binomio Salute e Sport fondamentali per il benessere di ognuno di Noi”.

Parliamo di cibo: hai ricordato le crostate di frutta prepartita del papà di Rosario. Quanto è cambiato per il calciatore professionista l’approccio al cibo in 30 anni?
“Oggi ci sono dei veri e propri staff che seguono gli atleti professionisti nelle loro singole attività. Si studiano analiticamente i loro fabbisogni anche a livello di alimentazione e quindi sono davvero lontani i tempi in cui esistevano consigli e cure tramandate da vecchi saggi su come alimentarsi prima e dopo le gare. Purtroppo le famose ‘crostate’ a cui fai riferimento sono solo un dolce ed indelebile ricordo nella mia mente”.

E come se la cava Tommy Mandato ai fornelli?
“Anche ai fornelli c’è da parte mia una grande passione che purtroppo per me e soprattutto per i miei conviviali non significa automaticamente successo. Diciamo che ho ancora molto da imparare”.

Lo chiediamo a tutti: la pizza preferita da Tommy?
“Sono curioso sulle tantissime e continue novità di pizze offerte ma alla fine continuo ad essere un fervente sostenitore dell’unica vera pizza: la Margherita”.

Dario De Simone