Covid: ristoranti chiusi senza motivo. I dati della Spagna che non leggete sui giornali italiani

Ristoranti e altre attività penalizzate e colpevolizzate senza rilievi scientifici. Anzi, c’è un rilievo scientifico evidente e arriva dalla Spagna. Le chiusure di tali attività non hanno inciso più di tanto sul contrasto all’emergenza sanitaria.

Lo si evince dall’esame dei dati sui contagi da Covid-19 degli ultimi 4 mesi. Anche dove le misure di contenimento sono state più blande, come a Madrid, la cosiddetta terza ondata non c’è stata; ci sono stati dati in lieve rialzo ma nessun picco rilevante neanche a fine marzo quando nel resto dell’Europa si è nuovamente arrivati a diverse centinaia di decessi quotidiani in ogni Paese.
Nella Comunità di Madrid, con quasi 7 milioni di abitanti, il numero di contagi giornalieri medi non ha mai superato i 2.100; nella settimana più difficile, a metà marzo, in una regione come la Campania, con 1 milione di abitanti in meno, si erano registrati in media circa 2.300 casi. Avveniva durante il lungo periodo di “zona rossa” con ristoranti e bar totalmente chiusi da inizio marzo a metà aprile e il governatore De Luca a minacciare ulteriori provvedimenti ogni venerdì nel suo “show” in diretta su Facebook.

IL SEMAFORO IBERICO DIVERSO DAI COLORI ITALIANI

La Spagna ha varato in autunno un sistema simile a quello italiano: ai colori del semaforo sono stati aggiunti i numeri da 1 a 4 dove il “nivel 1” è quello più tranquillizzante. Ma anche al “nivel 4“, corrispondente in teoria alla zona rossa rafforzata, i ristoranti sono rimasti aperti nei soli spazi esterni con obbligo di chiusura alle 18 e un numero massimo di 4 persone allo stesso tavolo.
Il clima della Penisola iberica, a parte quello delle Canarie, non è molto diverso da quello italiano; e quello andaluso non è molto diverso da quello della Sicilia. Non era possibile – si chiedono in tanti – lasciare i ristoranti aperti all’esterno consentendo a tutti di lavorare almeno da Roma in giù?

In Spagna il picco di contagi si era raggiunto nella seconda settimana di febbraio, un mese prima dell’Italia. Il Governo ha iniziato ad allentare le misure un paio di settimane dopo e gli effetti sono stati quelli poc’anzi citati. In diverse città hanno anche riaperto teatri e cinema contribuendo anche ad un recupero psicologico della popolazione. E la media dei decessi quotidiani è scesa sotto i 200 già a fine febbraio per poi attestarsi intorno ai 50 ormai da oltre un mese.

IL SILENZIO DEI GIORNALI ITALIANI SUL METODO SPAGNOLO

Di questi dati non si ha notizia su gran parte dei media italiani, impegnati invece ad evidenziare con servizi shock e titoloni ad effetto i momenti più delicati della seconda ondata in Spagna con i picchi di oltre 1.100 morti in un giorno e i 45.000 contagi a inizio febbraio.
Ma i contatti tra cittadini italiani residenti in Spagna e amici e parenti in Italia hanno fatto crescere la rabbia soprattutto dei titolari di attività di ristorazione che si sentono defraudati e perseguitati dal Governo italiano che, con la complicità della stampa, ha fatto credere che il problema principale fosse l’apertura di tali attività. Sono stati smentiti non solo dai mancati effetti delle riaperture di massa del 26 aprile scorso, davanti ai quali anche il severo chiusurista prof. Massimo Galli ha dovuto ammettere l’errore di valutazione, ma molto prima anche dai dati spagnoli.

DUBBI DI DRAGHI SU STATO D’EMERGENZA: INCERTA LA PROROGA FINO AL 31/10

E adesso anche all’interno del Governo Draghi ci sono voci di crescente dissenso; alcuni parlamentari avrebbero invitato i ministri Speranza e Gelmini a non sottovalutare i dati della Spagna anche quando dovrà essere decisa la proroga dello stato di emergenza: il Governo del socialista Pedro Sanchez, contestatissimo nel 2020 ma più apprezzato in questa prima metà del 2021, ha deciso di uscire dall’emergenza all’inizio di maggio. E’ accaduto poco dopo che il Partito Socialista aveva perso le elezioni di Madrid dove la leader locale Isabel Ayuso aveva fatto delle libertà individuali un cavallo di battaglia.
Secondo indiscrezioni, Draghi non avrebbe ancora deciso di prorogare lo stato d’emergenza in scadenza il 31 luglio e si sarebbe consultato con alcuni esperti per studiare formule alternative. Quel che pare estremamente probabile è che la proroga di tre mesi fino al 31 ottobre dovrebbe essere l’ultima. E dopo il Ponte di Ognissanti dovrebbe quindi avvenire il progressivo ritorno dei dipendenti pubblici e privati negli uffici, un punto sul quale contano molto i titolari di bar e ristoranti che fondano il loro fatturato sulle pause pranzo. Per loro sarebbe una bella boccata d’ossigeno dopo quella che i mesi caldi dell’estate stanno già garantendo.

 

Dario De Simone