Un po’ di “Capri” a Montecatini: la storia di Alfonso, da Sarno alla Toscana

Dalla provincia di Salerno a Montecatini Terme passando per la Lombardia. E’ la storia di Alfonso, proprietario di “Capri“. E’ un angolo di Campania in provincia di Pistoia. Dopo il trasferimento da Sarno e una brillante esperienza a Varese, è scattato l’amore per Montecatini durante una vacanza nel 2003. Erano gli anni d’oro per i turisti che venivano in Toscana per le cure termali sulla scia dei personaggi famosi del passato.
Da qui la decisione di aprire un’attività nel centro cittadino. Poi il salto di qualità e l’apertura di “Capri”, un locale sulla via Empolese con oltre 100 coperti.

E la scommessa è stata vinta…
“Con tanta fatica ma anche tanta soddisfazione, siamo qui da ormai un decennio. Abbiamo aperto il nostro “Ristorante Capri” 10 anni fa. Ci troviamo a Pieve a Nievole proprio al confine con Montecatini Terme, a 200 metri dall’uscita dell’autostrada”.

Un po’ di Capri a Montecatini: Guido Lembo ospite di Alfonso

Perché “Capri”? L’isola azzurra tira e attira sempre?
“Noi siamo originari del Sud e quindi amiamo la nostra Terra. Volevamo un nome che ci rispecchiasse, che i nostri clienti capissero quali fossero le nostre radici, esaltando la nostra genuinità mediterranea. Un nostro caro amico dell’isola, Antonio, mandandoci una cartolina ci scrisse “quale miglior nome di Capri?” .E così gli abbiamo dato ragione! Chi pensa a Capri, se ci è stato ne ha un ricordo bellissimo o sogna un giorno di andarci, proiettando davanti a sé un’immagine felice. Capri è sole, mare e amore! E buon cibo!!”

Quanto ha colpito anche voi l’emergenza sanitaria con le conseguenti misure restrittive?
“Le restrizioni del COVID sono sicuramente delle regole utili al fine di controllare la diffusione del virus. Ma ci stanno facendo affondare. Il settore della ristorazione è sicuramente uno dei più colpiti; siamo stati costretti a chiudere, ormai da quasi un anno. Chiusi, poi aperti, poi metà chiusi e metà aperti. Tutta la nostra famiglia si dedica a questo lavoro e non avendo altre entrate per noi è difficile andare avanti. Per fortuna ci hanno concesso almeno l’asporto e il domicilio, servizio fra l’altro che abbiamo adottato dopo le restrizioni. Almeno “sopravviviamo”. Ma è difficile. A livello finanziario ma soprattutto a livello mentale. Non c’è prospettive per un futuro roseo, anzi, non ti immagini proprio un futuro. Non so per quanto altro tempo saremo in grado di reggere”.

Vi sentite un po’ presi di mira da queste misure visto che penalizzano per primi o per secondi
sempre le attività di ristorazione?
“Non penso sia questione di esser presi di mira. Penso siano andati a tentativi. E secondo loro gli assembramenti all’interno dei ristoranti andavano abbattuti. Ma restare aperti con una giusta quantità di persone all’interno, tenendo la mascherina ogni qualvolta ci si alzi in piedi e adottare misure di prevenzione tipo menù da scannerizzare e bustine monodose di sale e olio, penso siano già il massimo della prevenzione. Penso siano più pericolosi i supermercati allora. O gli uffici postali. E non penso che il virus stia a riposo durante il pranzo e si scateni solo a cena. Devono farci riaprire o penalizzeranno i ristoratori, i nostri dipendenti, per noi considerati appartenenti alla nostra famiglia e tutta la filiera, compresi i fornitori e tutto il mondo che c’è dietro al nostro lavoro”.

Nel vostro menù si notano pizze standard a “prezzi napoletani”: come si fa a conciliare un prodotto buono ed economico fuori dalla nostra terra?
“Molti dei nostri prodotti arrivano proprio dal Sud. E riusciamo a trovare un buon compromesso per un’ottima qualità-prezzo. Poi come dicevo, siamo noi di famiglia all’interno di questo Ristornate e questo ci permette di sacrificarci un po’ di più per i nostri clienti, che sono la nostra forza! Non fai fatica quando la mattina ti alzi felice di fare un lavoro che ami, quando ti esce un sorriso appena entra un tuo affezionato cliente ma soprattutto quando se ne va soddisfatto! E questo ci ripaga molto di più”.

Ma la vostra specialità che, se venissi lì, mi verrebbe detto: “devi provarla” ??

“La nostra specialità è la pizza! Che a differenza di quanto pensano in molti qui più a nord, non è alta ma di alto e morbido ha solo il cornicione, per la lunga lievitazione del nostro impasto: 48 ore! Ce ne sono molte a cui abbiamo dato un nome per noi importante perché sono le nostre preferite e quindi secondo noi le più buone! Un must è comunque la “salsiccia e friarielli” e la “pizza fritta”! E la “Nennella”, dedicata al nostro caro amico Ciro: mozzarella, pesto, pomodorini gialli, pomodori secchi e burrata”.

Lo chiediamo a tutti: la pizza preferita da Alfonso?
“La pizza del nonno! Pomodorini gialli, pomodorini rossi, salame dolce e pecorino. I miei figli mi hanno dedicato questa pizza perché da quando sono diventato nonno secondo loro sono più felice!! E voi cosa provate quando mangiate una pizza buona? Felicità!”

L’evento più rilevante della fine del 2020 è stata la scomparsa di Diego Armando Maradona: che
giornata è stata?
“Una giornata di quelle che vorresti dimenticare. Maradona è stato un po’ l’emblema di Napoli. E’ morto un campione del calcio e la notizia ci ha rattristati. L’abbiamo omaggiato con una pizza, per noi è un regalo speciale. Si chiama “bomba di Maradona”! Cornicione ripieno di ricotta, pomodoro, nduja, salame dolce e burrata. ….e sei un campione se la digerisci”.

Dario De Simone