Nicola Pansa: “Tutti uniti verso i 200 anni della nostra pasticceria, ma è davvero difficile andare avanti”

Si è appena aperto un decennio molto importante, quello che porterà alla festa per i 200 anni della Pasticceria Pansa di Amalfi. No, non è un errore e non c’è uno zero in più. E’ stata fondata nel 1830 ed è un raro esempio di tradizione che riesce a percorrere i secoli attraverso varie generazioni senza mai incrinarsi.
Il compito di traghettare l’attività verso lo storico traguardo spetta a Nicola Pansa con i fratelli Andrea e Nicola, la sorella Marilla, tutti uniti intorno alla mamma Carla. Del passato la pasticceria ha mantenuto gli arredi classici e l’atmosfera elegante. Il presente e l’immediato futuro preoccupano non poco Nicola.

E’ di queste ore l’ennesimo ritorno alle restrizioni da zona arancione. Come vi sentite anche psicologicamente?

“Sul piano psicologico è una mazzata che arriva in un momento particolare. C’era già il problema della viabilità all’uscita da Amalfi  a causa della frana sulla statale 163. In zona gialla lavoravamo benino, in zona arancione facciamo due passi indietro e questo ci colpisce sul piano del fatturato e sul piano emotivo. Diciamo che è molto difficile digerire tutto questo in un discorso di prospettive: in un anno abbiamo guardato a tutto quanto accadeva con un certo ottimismo; sapevamo che dovevamo superare questo momento difficile. Abbiamo messo in atto iniziative allo scopo di restare vivi. A distanza di un anno vediamo invece che le cose vanno indietro e non avanti”.

Vi sentite penalizzati e bersagliati più di altri?

“Bersagliati no. Come categoria dà però fastidio l’accanimento contro il settore del food & beverage. Il virus non rallenta chiudendo esclusivamente queste attività; anzi chi fa rispettare le regole andrebbe premiato mentre fuori dai locali vediamo scene di ogni genere senza alcun controllo. Lo Stato utilizza da un anno una scorciatoia: non riescono a garantire il controllo sulle persone e chiudono i locali colpendo noi. E fuori tutti fanno il loro comodo. E’ frustrante per noi”.

L’asporto quanto riesce a incidere sul fatturato?

“L’asporto non soddisfa le nostre esigenze. Noi dal primo lock down non abbiamo mai lasciato a casa nessuno, ma abbiamo tentato di far lavorare tutti a rotazione senza mai mettere in cassa integrazione i nostri dipendenti, alcuni dei quali lavorano con noi da oltre 10 anni. Lo abbiamo fatto per spirito di appartenenza e per motivi etici. Tuttavia non so se riusciremo a restare su questa linea. Noi in un anno tremendo abbiamo fatto investimenti per il delivery in Costiera comprando per esempio un nuovo motorino. Abbiamo gestito così la crisi, ma non possiamo tirare avanti per molto”.

Dal 1830: fa quasi paura dirlo. Qual è il peso di chi porta avanti una tradizione di quasi due secoli?

“Un onore e un onere. Avvertiamo un senso di responsabilità nei confronti dei clienti ma anche delle generazioni che ci hanno preceduto. Sono passati due secoli e siamo sempre rimasti nella stessa famiglia. Ora tocca a me e a mio fratello. Sentiamo il peso ma è anche uno stimolo a fare sempre meglio curando l’immagine dell’azienda e la qualità dei prodotti. Abbiamo seminato bene e abbiamo ottenuto una visibilità e una dimensione internazionali”.

Tradizione ma anche modernità: avete un sito internet aggiornato e premiato e siete molto social. Quanto conta tutto questo nel terzo millennio?

“Oggi credo sia una cosa fondamentale. E in questo 2020 lo è stato anche di più. Siamo stati bravi perché abbiamo voluto curarla già da alcuni anni. Attraverso i social facciamo arrivare ai numerosi followers la vera essenza di Pansa. Abbiamo anche uno shop online e ci sono buoni riscontri. Insomma, considerando la vocazione turistica di Amalfi e il fascino del nostro brand la comunicazione fatta bene è fondamentale per aprire una finestra sul mondo”.

Qual è la vostra specialità? Quella che, se vengo lì, mi dice “Dario, non può non assaggiare”?

“Questa domanda mi mette in difficoltà perché è difficile indicare una sola specialità. Ci provo: la Delizia al limone, che è il dolce che ci rappresenta di più a livello internazionale, e la Sfogliatella Santa Rosa, la versione riccia che nasce in un paese qui vicino che si chiama Conca dei Marini; lo preparavano le suore del Convento di Santa Rosa nel ‘700. Abbiamo investito molto su questo dolce anche in termini di comunicazione. Infatti abbiamo creato il Santa Rosa Pastry Cup che speriamo di poter riprendere al più presto perché abbiamo ospitato e vogliamo ancora ospitare grandi personaggi come chef internazionali e grandi giornalisti della stampa specializzata”.

Lo chiediamo a tutti i nostri compaesani: qual è la pizza preferita da Nicola?

“La Margherita, assolutamente. Franco Pepe, Enzo Coccia, Gino Sorbillo sono miei amici e ne sono fiero. Quando passo da loro ordino sempre la Margherita, per me la pizza è la Margherita. Rispetto chi sceglie le varianti, ma per valutare la qualità della pizza bisogna provare la Margherita, al massimo la Marinara. Insomma, noi siamo tradizionalisti fino al midollo”.

Dario De Simone