Enzo “the voice” D’Anna: “In radio e tv troppe urla per prendersi un ‘like’, preferisco i toni alti solo a teatro”

E’ stato per anni il gentleman senza volto ma dalla voce soave e pacata, almeno per quelli che non guardavano trasmissioni sportive negli anni ’90. Enzo D’Anna è un nome che tutti però conoscevano ai tempi della mitica Radio Club 91, una delle emittenti private più famose in Campania per un trentennio. E per 25 è stato lui a dirigere la testata radiofonica che si distingueva perché, più di altre emittenti, era sempre sulla notizia a Napoli e provincia con i suoi “ragazzi” e le sue “ragazze” sguinzagliati a caccia del politico di turno e del calciatore in arrivo.
I tempi sono cambiati. La differita della partita del Napoli, che all’inizio degli anni 2000 ha visto Enzo D’Anna come telecronista per Canale9, non c’è più; Radio Club 91 è solo un ricordo, ma Enzo – che per anni è stato anche corrispondente di Radio 24 Il Sole 24Ore – ha riscoperto il suo amore per il teatro nel corso degli ultimi anni. Con la compagnia “Teatroaperto” porta in scena lavori che affrontano tematiche sociali di grande attualità, dall’immigrazione alla violenza sulle donne. Anzi, portava. Perché da quasi un anno le attività teatrali sono sospese per emergenza sanitaria.

Come stai vivendo questo periodo, difficile per tutti, sul piano lavorativo e personale?

“Pensavo di averle viste tutte; mai mi sarei aspettato di dover convivere con una pandemia di questo tipo. Sul piano personale, l’ansia e la preoccupazione di poter contrarre il virus si sono mescolate al tormento per la sofferenza delle persone malate e per quelle decedute. Il pensiero di un nemico invisibile che ti può cogliere da un momento all’altro ti toglie il sonno, la tranquillità, la pace. Sul piano lavorativo è stata una ‘mazzata’. Siamo praticamente fermi da quasi un anno!”

L’evento di fine 2020 è stato senza dubbio l’addio a Diego Armando Maradona: come si è sentito chi lo ha visto bene da vicino?

“Ho avuto il privilegio di seguire il Napoli dell’epoca d’oro. Di quel Napoli, Maradona era il simbolo. Quello che era capace di fare in campo, lo sappiamo tutti. E’ stato unico e inarrivabile. Ma era anche una persona umile e straordinariamente generosa. Sul suo conto sono state dette e scritte tante cattiverie. Non ha mai fatto male a nessuno. Si è sempre battuto con lealtà e coraggio dentro e fuori dal campo”.

Ma lo scorso anno abbiamo perso un altro grandissimo come Gigi Proietti: cosa è scomparso con lui?

“Scompare una vera e propria maschera. Per chi come me ama il teatro, il varietà ed il mondo dello spettacolo in generale, è stato un modello da seguire. Si può essere grandi attori, bravi comici, abili showmen e bravi cantanti; pochi sono artisti, con la A maiuscola. Lui lo era”.

Sei noto per essere una delle voci più pacate dell’etere radiotelevisivo: i toni bassi pagano ancora?

“E’ una bella domanda! Da un po’ di tempo vanno di moda gli ‘urlatori’ ed io non sono tra questi… Scherzi a parte, credo che si debba essere sempre molto equilibrati nell’esprimere giudizi. Ma, da quel che vediamo e sentiamo soprattutto in tv, alla radio e su internet, non tutti la pensano come me. Spesso si esagera, ci si accanisce, si assumono posizioni drastiche pur di fare colpo sullo spettatore; si usa un furore dialettico che talvolta sfocia nell’offesa, in cambio di un ‘like’!”

Radio e teatro non sono molto diverse: sempre si tratta di interagire col pubblico.

“In entrambe c’è il contatto con la gente. Ho lavorato per una vita in radio. Ero in terza liceo, quando ho parlato per la prima volta dietro ad un microfono in una piccola emittente locale. Sono stato per 25 anni direttore di una testata radiofonica ed ho poi continuato come corrispondente. Amo la radio! Da qualche anno ho scoperto il teatro, non più come semplice spettatore, e devo dire che è forse la forma di spettacolo più vera, più autentica. Recitando, raccontando storie e cantando su di un palco, a stretto contatto con la gente, ho trovato la mia vera dimensione. La sensazione di un sipario che si apre, delle luci che si accendono su di te, sono emozioni uniche.

Ti continuiamo a vedere in diverse trasmissioni sportive: come è cambiata la tv in questi 20 anni?

“Posso rispondere, come addetto ai lavori, relativamente alle tv private. Prima c’erano forse più contenuti, si curava di più la dizione, l’immagine dei personaggi. C’erano scenografie più scarne e dotazioni tecniche meno professionali. Oggi abbiamo l’alta definizione, telecamere digitali, ma scarsi contenuti, poca qualità dei programmi e meno professionalità dei conduttori”.

Con Franco Mory (a sinistra) in una foto “d’epoca”

E Napoli come è cambiata in questi ultimi due decenni al di là di ciò che si legge e si dice?

“Amo la mia città ed il mio giudizio è palesemente di parte. In alcune cose è molto migliorata, in altre meno. Resta la città delle mille contraddizioni. La città dei ‘mille culure e mille paure’ raccontata da Pino Daniele, ma non è più ‘na carta sporca’. Il mondo se ne sta accorgendo. Spero che presto se ne accorgano anche i napoletani! E poi lasciami dire un’ultima cosa. Napoli non è quella raccontata da ‘Gomorra’. Lo è forse in minima parte. Quello che si vede in quella fiction offre un’immagine distorta di una città che, al contrario, vive… che, pur soffrendo, non ha mai perso la speranza!”

Lo chiediamo a tutti: la tua pizza preferita?

“Non amo le pizze ricche di intrugli ed ingredienti vari. Per me la pizza deve essere più semplice possibile. Acqua, farina, olio, pomodoro basilico, mozzarella… ed una fumante ‘Margherita’ è servita! Ho già l’acquolina in bocca…”

Come te la cavi con un’altra arte, quella della cucina?

“Mi è sempre piaciuto cucinare. Guardavo mia nonna quando ero piccolo, cercavo di carpire i segreti osservando mia madre che era un’ottima cuoca. Mi piace la cucina tradizionale, ma amo sperimentare cose nuove. Adoro le spezie e cerco di abbinarle con cura. Da quando non mangio più la carne, preparo molti piatti vegetariani, mi diverto ad insaporirli, rendendoli sempre più ricchi e gustosi. Non ho ancora avvelenato nessuno!”

Dario De Simone