Pizzaut non molla: nel Milanese luci accese nel locale mai aperto causa Covid

Sembra una maledizione quella di Pizzaut, il locale rivoluzionario che unisce i ragazzi autistici in un grande progetto per il lavoro e per il futuro. La pizzeria di Cassina de’ Pecchi, comune a Est di Milano che s’affaccia sulla Martesana, doveva essere inaugurata lo scorso 2 aprile. Ma l’emergenza sanitaria e le decisioni del Governo avevano bloccato tutto. Il rinvio a dicembre aveva permesso di completare il progetto, ma la seconda ondata dell’emergenza Covid-19 ha nuovamente messo tutto a rischio.
Sarà un ulteriore prova per i ragazzi, per gli altri che vi hanno lavorato e per Nico Acampora (nella foto con uno dei ragazzi),  ideatore del progetto. Con 58.000 likes su Facebook, ripetuto interesse della stampa nazionale e un servizio al Tg1 nel 2018, Pizzaut è un modo diverso di approcciare alle cosiddette diversità. Ma ha preso quota nel corso degli anni, ricevendo l’attenzione di numerosi ristoratori fino alla decisione di diventare indipendenti e di garantire ai ragazzi un luogo fisico dove esprimersi.

UN GRANDE LOCALE CON SPAZI INNOVATIVI

Il locale di Cassina de’ Pecchi sarà grande 300 metri quadrati, ampliabili con l’apertura del giardino coperto e scoperto. Gli arredi in legno sono stati realizzati artigianalmente da un falegname della zona, un ragazzo di Cernusco sul Naviglio, all’insegna del chilometro zero e dello stimolo visivo naturale. E’ stato previsto molto spazio per le cucine, una dedicata solo ai senza glutine, e allo spogliatoio dei ragazzi. Sono previsti 75 coperti, quando finalmente aprirà. Per ora hanno lasciato accese le luci, un fatto simbolico e non solo.

Quando prevedete di aprire?

“Ormai parliamo di speranza. Avevamo fissato la data del 3 dicembre che è la Giornata mondiale della disabilità. Ma visto cosa c’è scritto nel DPCM, salvo miracoli, ci sembra impossibile. Magari possiamo aprire a singhiozzo anche se imprenditorialmente non è un fatto allettante. A noi interessa dare un punto fermo ai ragazzi prima di Natale o durante le vacanze natalizie. Anzi sarebbe un grande segnale di speranza: se ce la facciamo noi con tutte le difficoltà, possono farcela tutti”.

A proposito di speranza: la decisione di lasciare la luce accesa ha colpito.

“E’ stato un caso. Stavamo facendo le prove e abbiamo messo la foto su Facebook ricevendo decine di migliaia, anzi centinaia di migliaia tra views, commenti, likes. Abbiamo deciso di lasciarla accesa come la stella cometa. Rischiamo qualcosa ma abbiamo deciso così. Speriamo non siano troppo zelanti perché ancora non abbiamo pagato tasse sull’insegna”.

A Roma davanti al vostro camper, il premier Conte disse che la vostra pizza DPCM era migliore dei decreti emessi dal Governo in questi mesi. Poi sono arrivati altri DPCM.

“Che purtroppo colpiscono pesantemente la ristorazione. Noi non abbiamo ancora aperto, il problema è per chi era già attivo. I cento ristoranti che hanno aperto le porte a noi per raccogliere i fondi in tutta Italia sono stati eccezionali, ho un grande rapporto con loro che hanno permesso ai nostri ragazzi di lavorare lì. L’appello è di sostenere i ristoranti vicino casa con asporto e delivery”.

Sarete un locale all’avanguardia sul piano tecnologico. Quanto conta tutto questo?

“Molto. Faccio un esempio: i ragazzi non riescono a governare il forno a legna. Perciò abbiamo comprato un forno a tunnel molto particolare che ha un sistema che si muove sempre, tipo i nastri dei bagagli negli aeroporti; è un sistema computerizzato con velocità e temperatura. Così decidiamo in base alla pizza i tempi e i modi. I ragazzi non devono curare il fuoco e il forno e possono esprimere la loro creatività”.

Arredi realizzati artigianalmente e tante peculiarità. Perché?

“Per esempio i 4 tipi di bagni, 2 per disabili, uno per genere. Noi dobbiamo avere un altro approccio, più inclusivo; ma si tratta di un fatto culturale che non resta lì. Stare attenti alle situazioni specifiche porta a stare attenti a tutti, incluso ovviamente il cliente che va curato in modo perfetto. Si pensi anche che noi abbiamo fatto prove per capire le distanze dalla fermata della metro: i ragazzi devono essere indipendenti e venire a lavorare tranquilli”.

“La cosa che mi manca di più con il Covid sono quegli strani abbracci dei ragazzi Autistici”. Una frase che è forse emblematica.

“Chi studia l’autismo dice che i ragazzi sono freddi e distaccati. Invece hanno modi molto personali e metodi di connessione personale; ascoltare silenzi e osservare sguardi produce effetti incredibili. Con tutti i ragazzi c’è da arricchirsi con un abbraccio o un sorriso”.

Parliamo di cibo: la tua pizza preferita?

“In generale adoro la pizza col Gorgonzola. Oppure se è buona davvero, la salsiccia e friarielli. Ma devono essere perfetti, buonissimi come si mangiano a Napoli. Noi ci aggiungiamo le patate per esempio, diamo un tocco diverso”.

E quale vostra pizza ha riscosso più successo?

“La DPCM ce l’hanno chiesta tantissimo. E’ una pizza bianca con scamorza di alta qualità, una granella di pistacchio, leggermente cotta con lime finale. Poi c’è la Bombazza, la chiedono donne e uomini veri, con pasta di ‘ndjua, salame piccante e olive. Poi c’è una pizza dolce, dedicata al paese che ci ospita, la ‘de Pecchi. Nello stemma comunale ci sono due api, il maschio si chiamava pecchione, allora abbiamo usato mozzarella, miele, buccia d’arancia caramellata e zucchero a velo. Poi c’è la pizza più strana: pancetta arrotolata, fior di latte e cipolla caramellata e una granellina fatta da noi di noci. Ecco perché ci chiamiamo Gourmaut!”.

Grazie per averci anticipato il menù. Ma al di là dei gusti, qual è l’approccio dei clienti?

“Vengono inizialmente per curiosità e per una sorta di volontà di sostenere un progetto che ritengono valido. Poi ci tornano perché la pizza è buona, il servizio è buono e la creatività dei ragazzi in pieno sviluppo”.
Dario De Simone