Manuel Parlato, il belloccio di Canale 21: “Non rinuncio al padel e ad una pizza profumata. Ma mi mancano sapori ed emozioni degli anni ’80 e ’90”

E’ diventato il sex symbol al maschile in una tv che sempre di più, anche del calcio, soprattutto nell’emittenza nazionale privilegia la bellezza femminile non sempre unita alla competenza. Manuel Parlato, 50 anni ottimamente portati, è nel giro del giornalismo sportivo da oltre un ventennio; ma negli ultimi anni è diventato un volto notissimo dell’emittenza locale (e non solo) grazie ad una serie di programmi condotti in studio sulle frequenze di Canale 21 e anche per le dirette live dagli stadi di tutta Italia al seguito del Napoli.

Un frame dei due minuti dopo Venezia-Napoli

Proprio alla fine di una partita degli azzurri lo scorso febbraio a Venezia arriva il colpo dell’anno: l’unica intervista di Aurelio De Laurentiis ad una tv locale la realizza proprio Manuel nella città italiana più famosa del pianeta. E’ proprio lì in Laguna, dopo la vittoria del Napoli sui neroverdi, che il presidente viene intercettato in un momento di grande disponibilità. Vengono fuori due minuti di “tutto” che poi spiegheranno le mosse del club nell’immediato futuro.
Parlato è però celebre anche per aver portato il gioco del padel in Campania e per le sue foto molto social ai fornelli dove, in ossequio ad una eleganza mai nascosta e chiaramente cercata, rischia di sporcare la camicia bianca girando uno spaghetto alla Mariagrazia,  ma non rinuncia ad indossarla…

Sei un volto noto di Sportitalia e di Canale21: cosa significa per te essere diventato un punto di riferimento per tanti tifosi del Napoli?
“Penso sia difficile diventare un punto di riferimento dei tifosi, ma bisogna raccontare gli avvenimenti sempre mantenendo un equilibrio”.

In questa stagione il “colpaccio” dell’intervista esclusiva con De Laurentiis all’uscita dallo stadio di Venezia e la lite con il capo della comunicazione del Napoli: quanto è difficile il mestiere di raccontare?
“Ho imparato in questi due anni di pandemia che il valore aggiunto di un giornalista è stare sul posto, sul pezzo. Anche se è diventato molto più complicato fare il proprio lavoro con tutti i paletti che ci sono. Quella di Venezia è stata un’intervista d’altri tempi. Stadio piccolo, il presidente era al telefono e smise di parlare per rispondere alla domande. Poi non c’era l’ufficio stampa al seguito. Ci vuole anche un pizzico di fortuna”.

Anche quest’anno una buona partenza del Napoli di Spalletti: è l’anno buono o si sgonfierà tutto come la scorsa stagione?
“È l’anno buono, anche quello scorso lo era. Ma c’è un’aria nuova nello spogliatoio, c’è allegria, fame, voglia di emergere e di vincere. La spregiudicatezza dei giovani e dei nuovi può essere la variabile rispetto alla scorsa stagione. Sarà un campionato diverso, due campionati in uno. Il fattore infortuni sarà invece l’elemento irrazionale dettato dalla fortuna. E per vincere un campionato ci vuole anche quella”.

Sei stato uno dei pionieri del padel in Campania. Come è nato tutto?
“È nato da un’intuizione. Tornavo da Roma dove avrei dovuto aprire dei campi, mi ero appassionato tantissimo a questo sport. A Napoli non c’erano campi e nemmeno nel Sud Italia. Allora decisi di investire un po’ di risparmi nel primo campo di padel. Era il 2015. Fondai la prima associazione sportiva, la Padel Italia asd, prendendo il brevetto come istruttore di padel. Ho dovuto faticare per far capire che il padel sarebbe stato lo sport del futuro. Da me hanno iniziato tanti ed calciatori come Maradona junior, Nicola Mora, Emanuele Calaiò, Raffaele Palladino, Generoso Rossi”.

Perché questo gioco sta riscuotendo tutto questo successo?
“Il padel è semplice, più giochi più hai voglia di imparare e crescere. È semplice, anche quattro persone che non hanno mai preso una racchetta in mano entrano in campo e si divertono. È diventata moda, ma questo concetto non mi piace. Bisogna puntare sui giovani, sulle scuole di padel affinché non diventi solo una moda passeggera”.

Parliamo di cibo: i tuoi profili social sono spesso invasi da foto che ti ritraggono in cucina. E’ una passione?
“È una passione che mi ha tramandato mio padre anche lui appassionato di cucina. Da ragazzino il primo piatto che mi insegnò a cucinare fu lo scarpariello, la mia specialità in cucina”.

Al di là delle tue creazioni in cucina, qual è il piatto a cui proprio non puoi rinunciare?
“Non posso rinunciare alla pizza, sono sempre stato un degustatore fin da bambino quando mio padre mi portava a Spaccanapoli. Ricordo le pizze in teglie d’acciaio giganti, l’odore forte del pomodoro e il profumo della pizza. Oggi quando entro in una pizzeria non riesco più a sentire quei profumi di pizza antica. Oggi è tutto dop, ma io resto legato all’old style. Un po’ come le domeniche del calcio degli anni Ottanta/novanta con le radioline in mano”.

Lo chiediamo a tutti: la pizza preferita da Manuel?
“Non ho dubbi: una semplice margherita profumata!”

Dario De Simone