Trapani: “Nel mio ultimo libro racconto la passione dei napoletani per il calcio; in casa mia c’è un solo derby ed è a tavola”

Presentare libri in luoghi insoliti, come cortili e bar. Se si parla di calcio – soprattutto se si parla di calcio – si può e forse si deve. E’ il destino di “Napoli sulla pelle“, ultima opera del giornalista Paolo Trapani, che ha inaugurato la kermesse “Stringiamoci a corte” in programma a Striano.
Trapani, giornalista e scrittore, è tifosissimo del Napoli. Della passione della città per la squadra di calcio parla in tutti i suoi libri. In quest’ultimo l’analisi si fa più profonda.

Raccontaci del libro “Napoli sulla pelle”

“Il libro nasce in collaborazione con l’amico Renato Camaggio (collezionista di maglie da campo) per raccontare aneddoti, retroscena, storie legate al Napoli ed al calcio attraverso la maglia azzurra. La maglia nel calcio è il simbolo più importante di una squadra e nel nostro caso è il simbolo assoluto della passione collettiva che unisce il popolo napoletano”.

La presentazione più toccante è stata certamente quella nelle sede dell’Associazione “Ciro vive” a Scampia

“La sede dell’associazione Ciro Vive a Scampia, con il Museo dedicato a Ciro Esposito, rappresenta un luogo di sacralità laica. Quando entri avverti qualcosa di magico che fa bene al cuore e alla mente di un tifoso. Tutti i tifosi e in generale gli sportivi di qualunque fede calcistica dovrebbero visitare la sede ed il Museo. La vicenda di Ciro Esposito nasce perché l’intento quel giorno era di colpire i napoletani: in quella maledetta sera del maggio 2014 si è rischiata la strage. L’estremo sacrificio di Ciro Esposito ci ricorda ogni giorno quanto sia importante vivere il calcio in maniera non violenta ma come momento di aggregazione e convivenza. Tutto quello che di bello e positivo fa l’associazione “Ciro Vive” è la prova che Ciro Esposito non è morto invano e spero che presto un settore dello stadio Maradona, magari la Curva B che lui frequentava, venga dedicato a lui”.

In tutti i tuoi libri c’è l’elemento comune anti-juventino e soprattutto l’invito al rispetto dell’identità: perché tifare per una squadra del Nord se sei di Napoli?

“Il tifo calcistico è qualcosa di molto istintivo ed emotivo. Tanti si lasciano affascinare dal modello del ‘vincente di turno’ e tralasciano le proprie radici e la propria terra. Io rispetto tutti ma essere e/o vivere a Napoli senza tifare per la maglia azzurra è un enorme controsenso. Chi è veramente legato alla città di Napoli non può sostenere altri colori, magari di qualche squadra la cui tifoserie inneggia a discriminare i napoletani ed a odiare Napoli. Una assurdità. Mi piace sottolineare una frase di Ciro Esposito che mi ha raccontato la mamma, la signora Antonella Leardi: prima Napoli e poi il Napoli”.

Sei rimasto deluso dal finale di stagione del Napoli di Spalletti o forse di più non si poteva fare?
“Tutti ad un certo punto ci abbiamo creduto. Dopo la bella vittoria a Bergamo sull’Atalanta gli azzurri erano lanciatissimi. Il popolo napoletano chiedeva solo di poter continuare a crederci ed a lottare fino all’ultima partita. La squadra purtroppo ha ceduto”.

C’è una foto del 2014 che ti ritrae con l’avvocato Pisani ed Enzo Rivellini: Maradona sembra mettersi in posa per te. Cosa ha rappresentato per Napoli la prematura scomparsa di Diego?
“Da un lato ha rappresentato un vuoto incolmabile, dall’altro ha consegnato all’eternità una delle favole più belle che attraverso il calcio hanno vissuto tutti i napoletani, nessuno escluso, e l’intera città”.

Parliamo di cibo: come se la cava Paolo in cucina?
“Non benissimo. Sono più “consumatore” che “produttore” dei pasti…”

Lo chiediamo a tutti: la pizza preferita da Paolo?
“Qua vivo un derby, tra bufalina e pizza fritta. Finisce sempre in parità. Una volta una, una volta l’altra”.

Dario De Simone