Francesco, scienziato napoletano alle Canarie con la passione per la pizza e per la musica: “Qui la nostra cucina è apprezzatissima”

La sua è una delle tante storie di emigrazione italiana alle Canarie. E’ un po’ diversa da quelle raccontate da giornali e tv per descrivere un Paese in crisi profonda e per raccontare di quei Paesi che se ne “approfittano” consentendo a molti italiani di vivere a condizioni economicamente vantaggiose grazie a benefici fiscali.
Francesco Pisapia, napoletano di Villaricca, non è un “pensionato lordo” come tanti italiani che emigrano in Portogallo, Bulgaria e Canarie; ha solo 31 anni e da quasi 3 anni vive a Gran Canaria dove fa lo scienziato studiando alghe in laboratorio. Fa parte di quella folta schiera di giovani emigranti che sono pronti a giurare che il loro è stato un biglietto di sola andata.

Perché hai deciso di trasferirti a Gran Canaria?

“Tutto nacque nel 2018 quando fui selezionato per un post-dottorato dal Dipartimento di Biotecnologia dell’Instituto Tecnológico de Canarias (ITC). Era in linea con quanto avevo fatto a Nantes, in Francia. Oltre all’opportunità lavorativa, ho deciso di trasferirmi anche per la qualità di vita e per la mia crescita personale al di fuori dell’ambito lavorativo. Ho sempre pensato che è un vero lusso vivere in un posto relativamente economico, con sole e mare “a portata di mano”, (quasi) 365 giorni l’anno. Poi era l’occasione di imparare una nuova lingua, immergersi in un’altra cultura e partecipare a progetti musicali che sono la mia più grande passione. Ho trovato il luogo ideale dove conciliare le mie due anime, quella scientifica e quella artistica. Mi sto formando come cantante professionale nel Conservatorio di Las Palmas e faccio anche parte del Coro dell’Orchestra Filarmonica”.

Qual è il tuo lavoro lì?

“Adesso sono al mio secondo post-dottorato, nel Banco Español de Algas (BEA), un centro di ricerca che fa parte dell’Università di Las Palmas di Gran Canaria. Il mio contratto di post-doc è legato a un ampio progetto Horizon 2020 che si chiama “NewTechAqua”, finanziato dall’Unione Europea, con più di venti soci, sia accademici che industriali. Mi occupo sempre di ricerca sulle microalghe ma per potenziali applicazioni industriali, come la produzione di acidi grassi omega-3 di alto valore nutrizionale”.

Cosa è veramente speciale, al di là del clima, nella vita canaria?

“Nel mio caso specifico, sicuramente l’equilibrio che ho trovato tra il lavoro e la musica. In generale, sicuramente il ritmo di vita meno frenetico, “sin prisa”. C’è anche da dire che, al di là del clima, Gran Canaria offre tantissimo: è come un continente in miniatura, con tanta diversità paesaggistica nel raggio di brevi distanze. E’ comprensibile che si pensi alla vita di mare e alle sue magnifiche spiagge, ma nella parte centrale dell’isola ci sono molti posti di montagna meravigliosi dove poter fare escursionismo, con viste mozzafiato”.

Cosa fanno prevalentemente gli italiani che vivono lì?

“Un po’ di tutto, direi. Molti che conosco lavorano nel settore del turismo o gestiscono la propria attività nella ristorazione. L’isola è piena di bar, gelaterie e ristoranti italiani, la cucina italiana è molto apprezzata dai canari. Altri, come me, lavorano nel mondo della ricerca. In molti si sono trasferiti da poco, in tempo di pandemia, per svolgere la loro attività lavorativa italiana da remoto”.

Come avete vissuto quest’anno difficile anche lì causa emergenza sanitaria?

“Anche qui l’emergenza sanitaria si è fatta sentire, e non poco. Le risorse in terapia intensiva nelle strutture ospedaliere di un’isola sono sempre più limitate rispetto alle zone continentali, c’è il rischio di saturarle in poco tempo. Personalmente, durante il periodo del confinamento è stato molto difficile non poter uscire di casa, con le notizie sempre più allarmanti dei media e la preoccupazione per i propri cari in Italia. La mia strategia per sconfiggere l’angoscia è stata non lasciarmi bombardare dalle notizie e vivere giorno per giorno concentrandomi sulla produttività, riempendomi le giornate con routine piene di attività: dal telelavoro alle classi online del Conservatorio, all’attività fisica regolare, alla lettura di libri, allo studio del castellano per l’esame ufficiale del DELE B2. Non c’era tempo per annoiarsi o deprimersi! Ad oggi ancora abbiamo alcune restrizioni, nonostante sia terminato lo stato d’allerta. Non possiamo abbassare la guardia. E’ una situazione molto difficile quella che stiamo vivendo, sotto tutti i punti di vista: lavorativo per molti, psicologico sicuramente per tutti. Nonostante tutto, mi sento fortunato, perché si può dire che alle Canarie la situazione è globalmente meno grave rispetto alla penisola iberica o ad altri paesi”.

Parliamo di cibo. Qual è il prodotto che un turista in visita non può non assaggiare?

“Beh… adesso mi metti proprio in difficoltà! Ci sono vari piatti tipici che vale assolutamente la pena provare… è troppo difficile sceglierne uno! Ad esempio il “gofio”, una farina di mais e altri cereali tostati molto versatile, che viene preparato con brodo di pesce come piatto caldo (“gofio escaldado”), o anche in formato mousse, come dessert. Le “papas arrugadas”, patate piccole bollite con la buccia. I formaggi dell’isola sono molto gustosi, i piatti tipici sono il “queso ahumado a la plancha” (affumicato alla piastra), accompagnato con mojo canario o con miele di palma, e il “queso frito”, impanato e fritto, accompagnato con marmellate. Trattandosi di un’isola, tutto il pesce fresco, le fritture di pesce e i frutti di mare ovviamente sono buonissimi. Un piatto di pesce tradizionale è il “sancocho canario”, che si prepara con pesce (cernia o spigola) dissalato bollito, guarnito con patate lesse, patate dolci, e un ammasso fatto di gofio, acqua, banana e formaggio fresco non stagionato. E anche gli amanti della carne troveranno anche loro molte soddisfazioni qui sull’isola. In tutte le isole canarie abbiamo poi il “platano canario”, varietà di banana IGP, frutti tropicali come l’aguacate (avocado), la papaya, il mango e la manga. E ci sono ottimi vini rossi”.

Ci stai facendo da food advisor. Ci hai portato da 450 gradi a Las Palmas. Cosa ha di speciale questa pizza?

“I due “450 Gradi” (uno a Las Palmas e l’altro a Maspalomas) sono dei ristoranti italiani veri, gestiti da napoletani con molta esperienza nella ristorazione, e questo già è una garanzia. Hanno il forno a legna, elemento fondamentale per la buona cottura della pizza, i loro ingredienti sono importati dall’Italia e l’impasto è morbido, elastico e ben lievitato, come deve essere. Non ha niente da invidiare alle pizzerie famose di Napoli: mangiare da 450 Gradi è come sentirsi a casa”.

Ci sono altre pizzerie di qualità sull’isola?

“Il segreto di Pulcinella, altra pizzeria napoletana con forno a legna, a Las Canteras, e La Pizzeria Andrea e Antonio a Playa de Arinaga; anche se non sono napoletani ma comaschi”.

Lo chiediamo a tutti: qual è la pizza preferita da Francesco?

“La siciliana: la margherita con le melenzane a funghetti”.

E da napoletano cosa pensi di questa tendenza simil-gourmet che addirittura porta a mettere la frutta sulle pizze?

“Che la pizza sia un piatto versatile che si può plasmare sulla base dei gusti della clientela del posto è un dato di fatto: basta adattare gli ingredienti da metterci sopra ed è fatta. Qui sull’isola ho provato la “pizza Gran Canaria” della pizzeria “Pizza Flash” (Vecindario), elaborata con ingredienti tipici canari, come il gofio nell’impasto e il chorizo di Teror, e devo dire che mi è piaciuta molto. Un altro abbinamento che mi è piaciuto è quello dell’avocado nella “pizza de aguacate” della pizzeria “La Gustosa” (Las Palmas). Altre pizze con frutta dal sapore dolce, come ad esempio la famosa pizza Hawaii con l’ananas, non mi attraggono molto, e non le ho mai provate. Non voglio dire a priori che è un’aberrazione, mi dà una certa curiosità, anche se da napoletano ho qualche perplessità sull’abbinamento dei sapori. Magari la pizza Hawaii o simili non saranno mai le mie pizze preferite, ma perché non dare loro un’opportunità?”

[DADES]