Simone Savoia, a Canale 5 con la passione per Maradona e il Cardone beneventano

Il calcio, il vino, il racconto dei fatti attraverso le immagini. Simone Savoia è uno dei tanti campani emigrati in Lombardia. Uno di quelli che portano con sè l’orgoglio dell’appartenenza territoriale. Origini beneventane – ci invita più a volte scrivere “apollosane” – studi a Napoli, 14 anni fa il trasferimento a Milano.
In questo autunno sono stati famosi alcuni servizi televisivi per il programma “Mattino 5”, tra i quali quello sui negazionisti a caccia di ambulanze.

Abbiamo visto tanti servizi. Ma quello che ti ha colpito di più dopo averlo rivisto?

“Quello sulla morte di Diego Armando Maradona. Una notizia che ci è piombata in redazione all’improvviso. Sono rimasto incredulo, ho sentito quel senso di vuoto indescrivibile accompagnato da un’amarezza e dalla sensazione che un’epoca della vita sia finita per sempre. Solo in seguito c’è stato spazio per la riflessione su cosa è stato lui per noi e per tutti”.

Cosa è stato? Perché tante celebrazioni anche inaspettate?

“Quelle in Argentina e a Napoli me le aspettavo. La straordinaria la mobilitazione del mondo intero un po’ meno. Maradona ha oscurato il Covid per un giorno. Si è parlato solo di un mondo angosciato e sconvolto dalla scomparsa di questo personaggio straordinario, con la partecipazione anche di chi non ha mai seguito il calcio. Uno dei ricordi più struggenti è stato quello di Siviglia, ultima sua squadra europea, dove hanno fatto suonare il tango di Carlos Gardel in uno stadio vuoto. E’ stato incredibile ascoltare una musica di un’altra epoca che risuona in un calcio del 2020 troppo moderno e veloce. E’ stato uno dei momenti più difficili sul piano emotivo”.

Vieni da una terra ricca di tradizione enologica e non potevi non interessarti di vini anche per conto dell’Associazione Italiana Sommelier della Lombardia. Come sta vivendo il settore questo periodo così delicato?

“Una precisazione: mi definisco uditore enologico, cioè un po’ meno di sommelier. E’ come per la musica: quando frequenti a lungo i musicisti puoi capirci qualcosa pure tu. Lo stesso avviene con il vino. Per quanto riguarda il momento mi piace citare quanto detto dal presidente nazionale Antonello Maietta presentando la Guida Vini 2021 dell’Ais; che paradossalmente è un momento eccellente per il vino italiano. Soprattutto come presentabilità e reputazione internazionale i nostri produttori hanno una considerazione molto alta all’estero. E io condivido. Il momento è drammatico e chiaramente la filiera è stata pesantemente colpita. Degustare un calice di vino significa assaporare il Made in Italy. Coi ristoranti e i locali chiusi è tutto diverso, manca la condivisione. E temo durerà ancora per un po’ con conseguenze economiche pesanti. Nel 2020 non si sono tenuti Vinitaly a Verona e Prowein a Dusseldorf; e addirittura in Germania è stata annullata pure l’edizione 2021”.

Si avvicina un Natale particolare. L’entroterra campano e in particolare il Beneventano quali varianti prevedono al menù ufficiale che è un po’ quello napoletano tradizionale?

“Viva il Cardone. Mi sento di dire solo questo. Il Cardone! Mi ricordo mia nonna di Apollosa, siamo apollosani doc, scrivilo perché ci tengo. E’ un sapore tipicamente beneventano. Il brodo caldo, il cardo, il fatto che la verdura vada pulita bene e cotta a dovere. Lo sanno fare in pochi e a me emoziona molto. Mi fa effetto parlarne perché ricordo tutti i sapori da quando ero bambino. Spesso a Santo Stefano con gli amici storici facciamo il pranzo del Cardone per tenerci leggeri. E parlando di vini va abbinato con l’Aglianico del Taburno per restare in tema e in zona”.

Parliamo invece di pizza: qual è la tua preferita?

“Intanto diciamo che sono molto orgoglioso del laboratorio che stanno facendo nel Casertano. Franco Pepe è la punta dell’iceberg. Questa ricerca sui lieviti madre, sui nuovi ingredienti e la valorizzazione dei prodotti locali sono veramente lodevoli. Io a chi viene a Napoli consiglio sempre di restare sulla tradizione; la collocazione turistica internazionale impone alla città di restare sul classico; consiglio il centro storico perché la location è fondamentale per magiare la pizza: farlo in un luogo che ha 100 anni di storia contribuisce a rendere il cibo una esperienza emozionale”.

E gli esperimenti gourmet con frutta e altro che si fanno soprattutto al Nord?

“Non so se ricercare prodotti allo scopo di fare pizza gourmet sia la stessa cosa di metterci sopra l’ananas. Non sono in generale sfavorevole a valorizzare i prodotti locali come la pizza col pomodorino del piennolo o la bufala dell’Agro Aversano. Però mi viene in mente una candid camera di Fanpage che consegnava pizza con ananas e le reazioni inconsulte della gente di Napoli. Sono stato nel 2009 a Shangai e lì gli americani promuovevano pizza con ananas. E’ paradossale che due prodotti nostri come caffè e pizza vengano sfruttati da grandi catene americane”.
[DADES]