Durante il lock down di primavera, con l’Italia ferma, sei stato uno dei pochi a potersi muovere per raccontare l’emergenza: ti inorgoglisce o credi di aver corso rischi eccessivi?
“Non è questione di esserne orgoglioso, nessuno mi ha costretto a scegliere questo lavoro, che si tratti di servizi simpatici o più ‘duri’. Più che altro penso di aver reso un buon servizio e mi sono sentito quasi un privilegiato nel potermi muovere, sempre nei limiti previsti, mentre gli altri erano obbligati all’isolamento domiciliare. Rischi? Nulla che andasse oltre i limiti della normalità . Mi sono mosso sempre nella massima attenzione collaborando, inoltre, con aziende che mi hanno messo sempre nella condizione di agire in massima sicurezza. Senza fare gli eroi che non siamo, semplicemente per raccontare la vita quotidiana“.
“Le mie abitudini sono cambiate solo per quel che, in base al DPCM di turno, non posso fare. Ma se si può prendere un caffè al banco o mangiare una pizza al ristorante io vado. Seguo la normativa. Finché è possibile muovere l’economia e vivere la vecchia vita, lo faccio e lo farò“.
A proposito di pizza. Qual è la tua preferita?
“Dipende. Ma la variante nostrana della parmigiana di melanzane (rigorosamente fritte!!!), arruscata, con parmigiano e mozzarella mi fa impazzire. In più adoro la versione irpina del Migliaccio. Non il dolce, una specie di timballo bianco di maccheroni che dalle nostre parti si mangia nel giorno di Carnevale“.
“Non sono un esperto, ma da profano goloso penso che la tradizione irpina sia più ‘dura e pura’. Per dirti, io una mangiata di carne alla brace vecchia maniera al Laceno la baratterei con pochi posti (e pasti) al Mondo“.
“Lagane e fasuli, ancor prima trofie coi funghi e tartufo di Montella“.
“Ormai bevo un buon caffè ovunque a Milano dove ho anche due-tre riferimenti eccellenti. La media si è decisamente alzata negli ultimi anni e da caffeinomane non posso che esserne contento“.
[DADES]