De Lorenzo: “Con Talk Sciò raccontiamo a teatro la deriva dell’informazione televisiva. Filangieri ci verrà in soccorso”

E’ uno dei volti e degli animi più poliedrici della redazione napoletana della Rai. Tanto da non riuscire mai a capire se gli piaccia di più il basket, il teatro o il mare, quello sfondo abituale di tante dirette durante il periodo più difficile della pandemia. Ha recentemente festeggiato il traguardo dei 30 anni come giornalista professionista.

Ettore De Lorenzo è noto al grande pubblico anche e soprattutto per folta chioma bianca e grigia che lo contraddistingue in modo inesorabile. Finito il campionato di pallacanestro, da qualche settimana si dedica maggiormente ai suoi progetti teatrali. Da martedì al Teatro Nuovo andrà in scena uno spettacolo che evidenzia follie e contraddizioni dell’attuale sistema dell’informazione televisiva. “Talk sciò“, scritto da De Lorenzo e da Marco Alifuoco e in collaborazione con Sala d’Attesa, vedrà esibirsi anche Massimo Andrei nel suggestivo ruolo di un Gaetano Filangieri riesumato per l’occasione speciale del Campania Teatro Festival.

Con “Talk sciò” portate al Teatro Nuovo questo spettacolo che tratta un tema delicatissimo: la deriva dell’informazione o di quella che per tale spacciano.

“La tendenza alla spettacolarizzazione dell’informazione va avanti da tempo, ma pandemia e guerra ci hanno fatto vedere cose che non avevamo mai visto prima. Ormai si costruiscono spettacoli più che dibattiti. L’obiettivo dovrebbe essere spiegare e portare una pluralità di voci cercando di arrivare ad una definizione degli scenari. Invece il risultato di questo modo di fare talk show è intorbidire di più le acque e allontanare le persone dalla verità. Questo dipende dalla tendenza spinta dai social alla polarizzazione delle opinioni e delle posizioni. Il conflitto tra opinioni tira sempre in tv. Ma la cosa più grave è la promiscuità dei ruoli: il filosofo parla di economia, l’economista parla di virologia, il virologo di pallone. Manca autorevolezza nelle fonti. Mi viene in mente la canzoncina di Natale fatta dai tre virologi; non so se ha effetto persuasivo o forse li rende ridicoli e fa perdere credibilità. Una volta si attingeva alle parti terze che sgombrano il campo dagli equivoci. Noi proviamo a mettere in scena la confusione tra spettacolo e informazione”.

Con Andrei nei panni del filosofo Filangieri

Perché riproporre un Gaetano Filangieri in questo contesto?

“Perché da tempo lavoro su questo filosofo illuminista che consegnò a Benjamin Franklin il concetto di diritto alla felicità. Noi stiamo vivendo la fine del periodo illuminista, è la parabola finale di questo periodo storico e filosofico. L’elemento nuovo, spinto da una società molto cambiata, è il non interesse per proporre le nostre idee ma le nostre emozioni; che sono fondamentali nelle nostre vite ma non possono guidarle anche perché sono relative al momento in cui si vivono. Filangieri (interpretato da Massimo Andrei, ndr) vuole darci qualche indicazione su come dovremmo procedere in futuro”.

Sono passati 10 anni dalla pubblicazione del tuo libro sul ventennale della strage di Capaci. Cosa è cambiato in questi 10 anni?

“Che oggi non se ne parla proprio più pur essendo ancora le mafie tutte lì. Ma anche questo fa parte del rimescolamento dei valori. Ormai l’agenda della comunicazione viene dettata più dalla pancia che dalla testa. La lotta alle mafie non è sparita solo dall’agenda dell’informazione ma anche da quella di chi ci governa. Dieci anni fa entravo in una scuola e parlavo di Falcone e Borsellino con difficoltà; ora è ancora peggio perché non sanno neanche chi erano. E’ molto pericoloso tutto questo perché siamo slegati dal passato e dal futuro”.

Non posso non chiederti di parlare di basket. Dieci anni fa Avellino e Caserta la facevano da padrone. Ora c’è Napoli che faticosamente resta in A1 dopo anni di crisi e poi Scafati che lotta. Cos’è successo?

“E’ successo che il 98% delle risorse dello sport finiscono al calcio. Chi fa l’imprenditore e vuole buttarsi in questo splendido sport che è la pallacanestro lo fa per passione e in perdita. In un momento storico come questo è ancora più difficile al Sud. In serie A ci sono squadre lombarde e venete per la maggioranza. Sono tutte al Nord anche nel basket. Dipende dalla possibilità di investire e dalla possibilità di fare rete, cosa in cui noi non siamo bravi. A Caserta è finita male qualche anno fa e speriamo ora di vedere un riscatto. Avellino è il caso emblematico: ad un imprenditore napoletano erano state fatte promesse nel suo campo; poi le promesse non si sono realizzate ed è saltato tutto”.

Parliamo di cibo: come se la cava Ettore in cucina?

“Malissimo. Sono un pessimo consumatore di cibo. Mangio per strada come tutti i giornalisti che stanno più in strada che a casa. Apprezzo la buona cucina e il buon vino ma non ho mai considerato il cibo la parte decisiva della mia vita. In realtà un motivo c’è ed è molto personale…”

Sentiti libero di raccontarlo…

“Io sono nato di 6 chili, sono stato un ciccione e tutti mi prendevano in giro. Ho vissuto i primi anni con questo problema. Poi quando sono cresciuto è scattata la reazione non solo fisica ma anche psicologica. Da lì il mio pessimo rapporto con il cibo che si concretizzare nel mangiare per strada che poi significa mangiare in solitudine. Lo dico a tanti ragazzi e ragazze che vivono disturbi alimentari: fregatevene un po’. Capisco la voglia di piacere ma a volte si esagera”.

Dario De Simone